INTERVISTA ALLA PSICOTERAPEUTA AD APPROCCIO COGNITIVO COMPORTAMENTALE
Dott.ssa Margherita Signorini
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Terapia cognitivo comportamentale, cos’è e in cosa si differenzia dagli altri trattamenti psicologici?
La psicoterapia cognitivo comportamentale costituisce un approccio pratico al trattamento della psico-patologia sia in età evolutiva sia in età adulta.
La definizione stessa “cognitivo comportamentale” nasce dall’incontro della terapia cognitiva con il comportamentismo. La psicoterapia cognitiva si fonda sulla spiegazione del disagio psicologico e del suo mantenimento attraverso l’analisi della relazione pensieri-emozioni-comportamenti.
Le reazioni emotive e le condotte disfunzionali sarebbero pertanto frutto del sistema di valutazione e modi del soggetto di interpretare gli eventi della vita quotidiana.
Facciamo un esempio:
Mario e Francesco sono due bambini che stanno allegramente giocando in cortile. Arriva un terzo amichetto, Luca che non li saluta tirando dritto. Mario si sente in colpa mentre Francesco prova rabbia. Lo stesso evento vissuto contemporaneamente dai due bambini elicita emozioni diverse (colpa e rabbia), perché? Mario si potrebbe sentire in colpa per non aver invitato Luca alla sua festa di compleanno mentre Francesco ha pensato che l’amico è presuntuoso e ha preferito altri compagni a lui.
La differenza risiede pertanto nella valutazione dell’evento.
Tale valutazione è altamente soggettiva e si basa sulla storia di apprendimento del soggetto che costituisce una parte fondamentale della psicoterapia cognitivo comportamentale.
Dove Mario ha imparato ad attribuirsi la colpa degli eventi? Quali esperienze hanno sensibilizzato Francesco al rifiuto?
Un’attenta raccolta dei principali eventi di vita e la desensibilizzazione delle esperienze negative, rappresenta il delicato lavoro sui fattori di vulnerabilità (sia storica sia attuale) che previene eventuali ricadute, specie nei disturbi a carattere cronico.
L’incontro della psicoterapia cognitiva con il comportamentismo consente di recuperare un rigoroso metodo scientifico che differenzia l’approccio cognitivo comportamentale dagli altri trattamenti.
La ricerca scientifica applicata alla pratica e agli esiti clinici fornisce dati circa l’efficacia dei trattamenti sulle varie forme di disagio psicologico, consentendo un costante aggiornamento dei principali protocolli di intervento. Dalla sua nascita ad oggi il panorama della psicoterapia cognitivo comportamentale si è arricchito di numerosi sviluppi e consta oggi al suo interno una decina di approcci diversi. Ciò che accomuna le variegate applicazioni della terapia cognitiva è il cosiddetto modello ABC ovvero il paradigma di base d’indagine e spiegazione del disagio emotivo e delle condotte disfunzionali.
A si riferisce alla costruzione degli eventi che precedono B, riferendoci all’esempio di Mario e Francesco A sarebbe “Luca tira dritto e non mi saluta”.
B rappresenta il sistema di valutazione del soggetto, le sue aspettative, i suoi stati mentali, il modo in ognuno di “interpretare” il mondo circostante. I B di Mario, sarebbero probabilmente “è colpa mia” mentre i B di Francesco “guarda che maleducato, come si permette!” Il sistema dei B, secondo la catena A-B-C, attiva uno stato emotivo, una condotta e la manifestazione della sintomatologia psicopatologica.
Mario probabilmente chiederà scusa a Luca (C: chiedere scusa) mentre Francesco lo escluderà a sua volta (C: escludo Luca).
Questo semplice esempio mostra tutte le potenzialità dell’approccio cognitivo comportamentale: un modello che definisce stati mentali e condotte disfunzionali specifici per ciascuna categoria psico-diagnostica mantenendo al tempo stesso il focus sul funzionamento idiosincratico del paziente e sul suo sistema di significati personali.
Se pensiamo ad esempio alla fobia scolare, due ragazzi che mettono in atto condotte di evitamento del contesto scolastico associando ad esso vissuti ansiogeni, presentano i medesimi C, tipici appunto della categoria Fobia Scolare. Il primo studente tuttavia rifiuta la scuola perché valuta i compagni screditanti e teme di fare una brutta figura, mentre il secondo ragazzo potrebbe ad esempio immaginare un brutto voto, deludendo le aspettative dei genitori. All’interno del medesimo disturbo, è pertanto il sistema dei significati personali a fare la differenza.
Per questo motivo l’intervento cognitivo comportamentale costituisce un trattamento altamente mirato e ritagliato sui bisogni specifici del paziente.
A cosa serve la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Per quali disturbi è indicata?
L’efficacia dei protocolli è sostenuta da una solida base di ricerca scientifica che suggerisce la terapia cognitiva comportamentale per il trattamento di:
- Disturbi d’Ansia (sia nell’adulto sia nel bambino);
- Disturbi dell’Umore (sia nell’adulto sia nel bambino);
- Fenomeni dis-regolativi (es. ADHD, Disturbo della Sfera Emozionale) e impulsività;
- Disturbi del Comportamento Alimentare (Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Bing Eating Disorder);
- Disturbo Ossessivo-Compulsivo;
- Disturbo Post-Traumatico da Stress.
All’interno dell’approccio cognitivo-comportamentale si sono recentemente sviluppati tecniche e protocolli specifici, applicabili da psicoterapeuti specializzati, per il trattamento di condizioni di vita che non rientrano necessariamente in una delle categorie sopra citate, ma che se non adeguatamente trattate, possono aprire la strada alla psico-patologia e a disturbi emotivi di vario genere.
Si pensi ad esempio alle esperienze traumatiche, all’elaborazione di un lutto o al disagio sociale che possono provocare i tic.
La terapia ad approccio cognitivo-comportamentale si arricchisce a Progressi di psicoterapeuti formati nella tecnica EMDR(1) e in protocolli specifici per il trattamento dei tic e della Sindrome di Tourette(2).
A chi è rivolto l‘intervento dello psicologo cognitivo comportamentale?
L’intervento cognitivo comportamentale è un metodo altamente flessibile applicabile sia all’età evolutiva che all’età adulta.
Le tecniche, rivisitate e semplificate per l’infanzia seguono il medesimo razionale dell’intervento sull’adulto.
Unica differenza è costituita dall’intervento sulla vulnerabilità, in quanto in età evolutiva la vulnerabilità storica coincide spesso con quella attuale, data la breve storia di vita e di esperienze negative collezionate.
Quali sono gli obiettivi principali di una terapia cognitivo comportamentale?
L’intervento psicoterapico cognitivo comportamentale segue i seguenti obiettivi terapeutici:
- Aumentare la consapevolezza del paziente circa il proprio funzionamento evidenziando in particolare i “costi” che comportano determinate condotte disfunzionali;
- Diminuire la sintomatologia psicopatologica;
- Aumentare le risorse del soggetto nei vari ambiti di funzionamento: sociale, inter-personale e lavorativo/scolastico;
- Ridurre i fattori di rischio e vulnerabilità, prevenendo eventuali ricadute.
Si ricorda che l’elenco sopra proposto costituisce una “guida” all’intervento, senza la pretesa di esaudire la complessità dell’intervento psicoterapico; gli obiettivi saranno discussi e condivisi con il paziente sulla base della richiesta e delle priorità terapeutiche.
Come si svolge una seduta?
Le sedute hanno una durata media di 50 minuti. Nella prima parte si rivedono di solito gli “homework”, esercizi che il terapeuta assegna al paziente nella seduta precedente sulla base dell’obiettivo terapeutico di intervento. Successivamente si applicano tecniche cognitive e comportamentali sulla base del piano terapeutico.
Quanto può durare un percorso di Terapia Cognitivo Comportamentale?
Il percorso cognitivo comportamentale si differenzia dagli altri trattamenti per essere un intervento di durata definita e limitata nel tempo con la somministrazione di strumenti specifici per la misurazione degli obiettivi terapeutici di solito a 6 e 12 mesi dall’inizio del trattamento.
La durata del percorso varia in base alla cronicità, alla gravità del disturbo e all’età.
In età evolutiva, ad esempio, la durata media oscilla tra i 6 e i 12 mesi. Se il disturbo è di grado lieve/moderato i tempi sono i medesimi per gli adulti.
Credo mio figlio ne avrebbe bisogno, ma non vuole intraprendere un percorso, cosa faccio? Lascio decidere lui o insisto?
La motivazione al trattamento costituisce uno dei principali fattori di successo dell’intervento. Costringere un bambino significherebbe oltreché vanificare il trattamento, mettere a rischio la fiducia del bambino nel percorso terapeutico e precludere in futuro l’attuazione dello stesso.
Si consiglia pertanto di effettuare un colloquio genitori-professionista per capire il motivo del rifiuto del bambino (spesso ad esempio è la paura di essere diverso dagli altri o di perdere gli impegni di sport) e concordare insieme tempi e modalità del percorso terapeutico.
- L’EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, è un metodo terapeutico che si integra con la terapia cognitivo comportamentale indicato dalla ricerca scientifica e dalle linee guida internazionali sulla salute mentale per il trattamento del trauma, dei lutti e di qualsiasi esperienza ad elevato impatto emotivo, sia negli adulti sia nei bambini.
- Il protocollo Tic e Sindrome di Tourette costituisce un intervento altamente specializzato, alternativo o a sostegno (a seconda del parere neuro-psichiatrico) della terapia farmacologica, per il trattamento dei tic motori e vocali. Il protocollo si basa sul riconoscimento della comparsa del tic e la messa in atto sia da parte del bambino/adulto che ne è affetto sia da parte dei familiari di strategie funzionali al contenimento e al decremento del tic.
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